Ci aspettavamo che Ustica ci avrebbe regalato grandi sorprese. Questo autunno lo aveva fatto: un Luì scuro, 4 Luì forestieri, un Torcicollo e molti altri lifer. Ma la primavera è stata pura magia. Avevamo visto le specie inanellate durante la migrazione primaverile, e sicuramente molte di queste erano degne di nota. Bene, possiamo dire di aver visto quasi tutte le specie inusuali che sono state inanellate a Ustica durante le diverse campagne che sono state fatte dall’università di Palermo.
La cosa veramente strabiliante è stata la densità e l’abbondanza delle varie specie: mai viste così tante balie, sia dal collare che nere (alle caucasiche ci pensiamo dopo). Per non parlare dei bellissimi codirossi comuni maschi, che sono stati un po’ i codirossi spazzacamino della migrazione autunnale; i prispoloni, con densità similari, anche stavolta, alle pispole dell’ottobre dello scorso anno. E poi gli stiaccini, fieri e impavidi, proprio come i vari saltimpali (o saltìmpali, solo chi mi conosce capirà) visti l’anno scorso.
Insomma, una vera e propria unica comunità ecosistemica, in cui, oserei dire, ogni specie ha il suo ruolo. Quello che cambia sono le specie, che si sostituiscono in base al tipo di migrazione, primaverile o autunnale, ma comunque, come due diverse classi di studenti diligenti, entrambe portano sempre a termine il loro compito ecosistemico. E menomale, oserei dire.
Per avere il piacere di osservare queste interessantissime specie, abbiamo girato in lungo e in largo l’isola, riuscendo a coprire la bellezza di 240 km in macchina, e non so quanti a piedi, in appena sette giorni. A tal proposito ricordo che per raggiungere Ustica da Palermo, ci sono dei comodi aliscafi (1:30 h) oppure se si vuole andare in macchina, come abbiamo fatto noi, c’è una nave da dove, volendo, si può fare Sea Watching (3:00 h).
Siamo partiti in due, io e Davide, l’amico Davide, probabilmente questo viaggio è così ben riuscito anche perché la compagnia del viaggio era azzeccatissima: precisi e puntuali (io un po’ di meno, Davide prima della partenza voleva uccidermi) ma anche con quasi nessuna esigenza, molto plastici e di bocca buona.
Una sintesi estrema? Abbiamo visto 89 specie diverse di uccelli (per la check-list completa potete visitare la pagina FB di Roberto o quella di EBN), “scoperta” l’ubicazione del Rospo smeraldino nell’isola e visti anche tanti conigli.
Usando la mia amata matematica, si riesce a capire che abbiamo visto quasi 13 specie diverse di animali al giorno, per sette giorni. E mi direte voi: “Eh ma Roberto mica son tantissime, nel delta del Po’ in un fine settimane se ne vedono di più”. Ricordo semplicemente che l’isola è grande quanto un’unghia, quasi nove chilometri quadrati e ripeto, la cosa bella oltre all’immensa, a mio modesto parere, la biodiversità concentrata in relazione alla superficie dell’isola era incredibilmente alta come numero di specie. Mai visti così tanti Luì verdi, da me soprannominati Colibrì per il loro comportamento, in così poco spazio. Sembravano farfalle, una sensazione incredibile.
Quali abbiamo apprezzato di più? Difficile fare una classifica tra i tanti avvistamenti ma… sicuramente il Codirossone. Questa specie è stata un vero e proprio regalo di arrivederci di Ustica. Abbiamo visto sia la femmina che il maschio, ma solo quest’ultimo si è lasciato immortalare come si deve, la femmina solo per pochi istanti che mi sono bastati per scattarle una foto e notare alcune delle caratteristiche diagnostiche che mi facevano propendere per quest’ultima specie. Davidù dall’inizio era titubante, non essendo lui riuscito a vederla e fotografarla per bene. Era comunque un Codirossone, la conferma di Riccardo Alba ci ha reso più tranquilli, essendo per entrambi lifer era importante convalidare il dato. Davide era veramente dispiaciuto di non esser riuscito a beccarla. Senonché, per strada, mentre si discuteva della direzione da intraprendere per le ultime ore che Ustica ci stava concedendo, sento una parola giungermi nell’orecchio sinistro: “Minchia!”, accompagnata da una brusca frenata della macchina. Questa soave parola, che porta felicità nei nostri cuori, voleva significare che Davidù aveva visto, mentre guidava, una specie veramente ma veramente interessante. Ed eccoci qui, Ustica non ha voluto far lasciare il broncio al mitico Davidù. Aveva beccato dal suo lato della strada un bel Codirossone maschio, veramente bellissimo, mentre mangiava un Tenebrionidae sp. Il Codirossone è un migratore transahariano regolare ma visibile in pochi numeri, soprattutto nelle isole, e nidificante localizzato, dall’atlante del 2008 di Massa per la Sicilia: è legato ad ambienti freddi della Sicilia, sicuramente poco comune e localizzato ad altitudini elevate. Nidifica non a caso nelle Madonie, sull’Etna e nei Sicani, al di sopra dei 1000 m. Le coppie stimate sono 5 in tutta l’isola, ma sono dati abbastanza vecchi che è necessario aggiornare. In tutta Europa, infatti, la specie è andata incontro a decremento dovuto perdita di habitat soprattutto ad altitudini minori, in cui la foresta inizia ad aumentare a discapito di ambienti ecotonali (li abbiamo infatti visti in luoghi con bassissima vegetazione, a tratti steppici) ma giocano un ruolo importante anche il disturbo antropico e i cambiamenti ambientali anche nei quartieri non riproduttivi.
E non vogliamo citare l’Ortolano! Segnato nella checklist regionale come migratore regolare non certo, questo animale è stata una gran sorpresa per entrambi. È sicuramente tutt’altro che facile vederlo, non a caso è stato segnalato su Ornitho.it la prima volta nella magica Linosa, nel lontano 2010. Da allora, le segnalazioni sono sporadiche: molte a Linosa nel 2014, bisogna poi arrivare al 2017 per avere un’altra osservazione di questa specie, sempre a Linosa. Dal 2019 ad ora, le osservazioni sono tre. La prima, se volessimo noi non considerare quella di Catania del 9 ottobre 2011, fatta non a Linosa. 15 sono le segnalazioni di questa specie in tutto il database di Ornitho.it per la Sicilia. Magari molte non sono state segnalate su Ornitho.it, resta comunque una specie non molto comune in Sicilia, nonché in decremento netto per diverse motivazioni (potete leggere un articolo a mio avviso molto interessante del blog Saturi di natura, del sempre gentilissimo Totò Bondì. Dategli un’occhiata!). Parlando invece della sua distribuzione, nidifica in giro per l’Europa, dalla Turchia al Caucaso, passando per la Mongolia e il Kazakistan, Iraq e Iran. Questo fa sì che la specie presenti sicuramente diverse esigenze ecologiche in base alla popolazione biogeografica che stiamo prendendo in considerazione. Al nord Europa predilige sicuramente ambienti ecotonali, con pochi alberi e bassi arbusti, ma anche prati e piante stagionali. Il declino della popolazione Europea inizia già dal 1950, la popolazione ha avuto un picco del meno 90% negli ultimi 30 anni, fino ad arrivare a estinzioni locali in molti dei paesi europei, come in Belgio e Paesi Bassi. L’estinzione locale è un importante indicatore: significa che qualcosa sta cambiando, e che ci sono delle variabili che inficiano la salubrità della popolazione. Queste variabili inficiano soprattutto nella popolazione europea, e non sembra che quella orientale subisca gli stessi effetti (che sia l’aumento del suolo boschivo e la perdita delle serie ecotonali?) Ha sicuramente molto peso l’agricoltura intensiva e l’uso dei pesticidi, nonché la conversione del terreno per il biofuel. Inoltre sembra non stia giovando anche il cambiamento climatico, soprattutto per la popolazione dell’Est-Sud Est, per le condizioni più calde in queste regioni.
E poi… la Balia caucasica, senza dubbio l’osservazione più interessante. Una femmina confermata solo dopo da una foto di Davide e un maschio veramente fantastico. Questo individuo presentava un carattere anomalo: aveva infatti un lato della timoniera non bordato di bianco, mentre il lato opposto sì. Questo animale è passato da due segnalazioni nel 2019, una nel 2020 a 16 quest’anno. Senza dubbio una piccola invasione, com’è stato per altre specie negli anni a dietro. Diversi sono i fattori che possono causare un evento del genere: specifiche perturbazioni possono aver fatto dirottare la rotta di questo migratore alle nostre longitudini, mentre solitamente per arrivare ai quartieri di nidificazione utilizza senza dubbio di più la rotta balcanica. Questa specie si presenta come una specie nidificante localizzata in alcuni paesi europei, soprattutto balcanici, la Turchia ma anche appunto il Caucaso e l’Iran. Le minacce per questa specie sono diverse: perdita di habitat e degradazione dovute ad una cattiva gestione degli ambienti forestali sono alcune di queste. È legata ad ambienti forestali di una certa età, non conifere ma alberi a foglie larghe. Risulta essere importante anche la presenza di alberi morti.
Come vedete il numero delle specie è semplicemente spaziale. Come non citare la fermata al nespolo, obbligatoria, per osservare le decine di uccelli che ivi si nutrivano, quasi incuranti della nostra presenza. Per questo devo spezzare una lancia proprio in favore degli usticesi che ho apprezzato molto, umanamente parlando. Nonostante alcuni tristi episodi, tra cui un contadino che usava il diserbante per le piante, badate bene, per strada (non chiedetemi il motivo perché non ne ho idea), gli isolani sono inclini ad apprezzare la biodiversità che la loro isola ha da offrire e, nonostante l’odio per i colombacci che si mangiano le fragole, un gran numero di persone erano davvero interessate a scoprire il mondo che noi estranei eravamo venuti a trovare, e che loro vivevano, inconsapevoli, ogni giorno della loro vita.
Il basso livello di inquinamento nell’isola è tangibile, la vita che si muoveva ad ogni nostro passo, l’elevato numero di farfalle e insetti vari, e anche la stessa presenza di tante specie, sono bioindicatori di un ambiente non troppo antropizzato, che così deve rimanere.
Un’altra nota positiva è la bassa presenza di gatti nell’isola. Sicuramente un pericolo per la piccola avifauna migratrice e sedentaria. I gatti in tutta l’isola erano a mala pena 4, sicuramente pochi rispetto molto altre isole. Molte sono le pubblicazioni scientifiche che evidenziano il danno attuato da questa specie tanto bella quanto dannosa per le altre autoctone presenti in tutto il mondo. In Australia molte sono le specie che hanno subito un netto declino per l’espansione di questa specie in una località in cui originariamente e naturalmente essa non è contemplata. Soltanto ora le acque si stanno muovendo, per la gioia degli ecologi che si occupano di conservazione della biodiversità. Speriamo non sia troppo tardi. Quindi Usticesi, credetemi, tenete il numero dei gatti sotto controllo.
Non possiamo pertanto infine non ribadire che, nonostante le piccolissime dimensioni, Ustica e stata e spero sarà ancora per molto tempo un importante hotspot della migrazione dei passeriformi con la loro fantastica migrazione a ventaglio, un sito di stop over dove riescono a fare refueling, magari non nelle migliori condizioni (basti pensare alla “prepotenza” delle balie, figuratevi vederle in centinaia in un isolotto di 8,65 km quadrati) , ma sicuramente utile ai fini della corsa senza tempo per accaparrarsi il miglior sito di nidificazione possibile, aumentando così la fitness riproduttiva delle specie.
Rimpianti? Il Luì bianco, grande nostra mancanza tra “i big” che sono stati visti a Ustica in precedenza… ma con lui abbiamo un appuntamento l’anno prossimo!
Testo e foto di Roberto Vento e Davide D’Amico